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Handicap
Che significa?
È un termine d’origine anglosassone, composto da due parole “hand“ (mano) e “cap” (cappello) ovvero letteralmente tradotto: “mano nel cappello”.
Questo il significato etimologico. Mentre la DISABILITA' è la limitazione conseguente ad uno stato di menomazione/minorazione, l’HANDICAP è la situazione di svantaggio sociale della persona disabile. Questo distinguo è importante poiché l’handicap può essere l’amaro risultato di una menomazione senza, qual necessario presupposto, la condizione di disabilità. Pertanto la persona può essere menomata senza esser disabile.
Attualmente, non vi è a livello internazionale un’unica definizione del termine anche se il concetto di “disabilità” è stato oggetto di discussione nell’ambito della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità, promulgata nel 2007 e recepita dalla Repubblica Italiana con Legge ordinaria n. 18 del 03 marzo 2009. Questo perché il richiamato “concetto di disabilità” è, in generale, la riconosciuta classificazione rappresentativa di tutte le disfunzioni patite dal soggetto a livello personale e nella vita sociale. Eppure tal assuntiva tesi è erronea!
Non viene considerato che la disabilità, è un concetto che ha una sua peculiare dinamicità giacché tale condizione potrebbe essere sol provvisoria. Risulta poi estremamente difficoltoso stabilire un livello oltrepassato il quale il soggetto interessato può considerarsi disabile. Inoltre, come abbiamo detto, la persona può essere menomata senza esser disabile. A tal fine vi sono due differenti “pensieri”: la valutazione dei fattori di disabilità, da una parte, e la valutazione delle residue abilità, dall’altra e pertanto si è cercato di sostituire – nella classificazione internazionale – il “grado di disabilità” con quello di “soglia funzionale”. Quindi da una prospettiva medico-scientifica ad una visione sociale. È già un risultato!
Anni addietro, un gruppo di persone disabili, coniarono il neologismo “diversamente abili” enfatizzandone il carattere di presunta abilità su un paritario piano di normalità. Ritengo che sia un errore. Non dobbiamo entrare in sfrenata competitività, in nome di una decantata omologazione con la realtà che ci circonda. Viviamo in questa realtà, vi collaboriamo pur con tutti i nostri limiti a fronte di quelli, perlopiù culturali la cui evoluzione richiede molto più tempo, che spesso ci vengono frapposti. Sempre nella “piena et dignitosa” accettazione del nostro “status” poiché, in definitiva, siamo portatori di particolari necessità la cui gravità, spesso, aumenta nella misura in cui non trova adeguata risposta, al di la di talune accademiche disquisizioni.
a cura di Maurizio Gorga