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Wislawa Szymborska
Wislawa Szymborska nasce a Bnin, che ora fa parte di Kórnik, nel 1923 e si trasferisce a Cracovia con la famiglia nel 1931 dove ancora vive e lavora. Tra il 1945 e il 1948 studia Letteratura Polacca e Sociologia presso l'Università Jagellonica. La partecipazione attiva alla vita letteraria della città le permette di conoscere Czeslaw Milosz che eserciterà una profonda influenza sulla sua attività letteraria. Si lega agli ambienti di sinistra, nel 1952 entrerà nel partito comunista da cui uscirà nel 1966 ormai disillusa dalla politica del partito che aveva fatto sperare molti intellettuali nella possibilità di realizzare effettivamente l'uguaglianza tra i cittadini, di distribuire la terra ai coltivatori e garantire la diffussione della cultura fra tutti i cittadini. Si tratta comunque di un periodo che la poetessa non ricorda volentieri. Il debutto poetico risale al 1945 con la poesia intitolata “ Szukam slowa ”, Cerco una parola, pubblicata sul quotidiano “ Dziennik Polski ”. Nel 1949 la pubblicazione della sua prima raccolta poetica è impedita poiché l'opera è giudicata dall'organo di censura non consona al regime socialista. Tra il 1953 e il 1981 ha collaborato alla rivista “ Zycie Literackie ”, Vita Letteraria, sulla quale ha anche pubblicato le Letture Facoltative, “Lektury nadobowiazkowe”, raccolte poi in volume, nelle quali volge il suo interesse verso le pubblicazioni più disparate, dai manuali di grafologia alle guide al bricolage o allo yoga. Nel 1981 diventa redattrice del mensile Pismo. Nel 1996 è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura.
Le tre parole più strane
Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualcosa che non entra in alcun nulla.
- Wislawa Szymborska -
Nulla è in regalo
Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.
È così che stanno le cose,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
È troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l'obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.
L'inventario è preciso
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso di aprirmi
quel conto.
Chiamiamo anima
la protesta contro di esso.
E questa è l'unica cosa
che non c'è nell'inventario.
- Wislawa Szymborska -
La gioia di scrivere
Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi a un'acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
Silenzio - anche questa parola fruscia sulla carta
e scosta i rami causati dalla parola «bosco».
Sopra il foglio bianco si preparano al balzo
lettere che possono mettersi male,
un assedio di frasi
che non lasceranno scampo.
In una goccia d'inchiostro c'e una buona scorta
di cacciatori con l'occhio al mirino,
pronti a correr giú per la ripida penna,
a circondare la cerva, a puntare.
Dimenticano che la vita non è qui.
Altre leggi, nero su bianco, vigono qui.
Un batter d'occhio durerà quanto dico io,
si lascerà dividere in piccole eternità
piene di pallottole fermate in volo.
Non una cosa avverrà qui se non voglio.
Senza il mio assenso non cadrà foglia,
né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.
C'è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?
La gioia di scrivere.
Il potere di perpetuare.
La vendetta d'una mano mortale.
- Wislawa Szymborska -